“Una lingua diversa è una diversa visione della vita.”
(Federico Fellini)
Broken-English è la lingua parlata dagli italo-americani. Non è italiano, non è inglese. Si tratta di un vocabolario unico nel suo genere: in sostanza si tratta di un italiano popolare, semplice, mischiato al dialetto, con l’aggiunta o la sostituzione di alcune parole inglesi o semplicemente “italianizzate”. Come? A certi vocaboli di lingua inglese viene aggiunto un suffisso dal suono tipicamente italiano. Vengono create così nuove, originali parole, buffe, divertenti, al primo ascolto, ma molto interessanti. Il significato resta spesso quello della parola di lingua inglese dalla quale deriva la parola creata. A questi nuovi vocaboli inoltre si aggiungono addirittura parole venute dal nulla o espressioni dialettali che però acquistano un nuovo significato. Il broken-english è una lingua di passaggio destinata a cadere nell’oblio, insieme a quei superstiti della migrazione d’inizio Novecento, che l’hanno creata. Nella mia vita statunitense ho avuto l’occasione di venire a stretto contatto con questa cultura. Mia suocera è figlia di immigranti, entrambi approdati in America da un piccolo paese dell’Umbria. Sua madre non ha mai imparato l’inglese, ma all’epoca non era così assurdo (e se pensiamo c’è chi non riesce neanche adesso dopo aver frequentato i migliori corsi!). Gli italiani immigrati stavano con gli italiani: vivevano in quartieri italiani, lavoravano con gli italiani e con questi s’incontravano nei circoli italiani. Mia suocera ha così dovuto imparare l’italiano, o quella lingua che non è proprio italiano, né tanto meno inglese. Quando negli anni Sessanta andò in Italia per la prima volta a visitare il paese dei genitori e di suo marito, emigrato in America qualche anno prima del loro matrimonio, nessuno la capiva. Tutti scendevano in piazza ad ascoltare quella curiosa lingua che veniva da lontano.
Mio suocero, che si trasferì negli Stati Uniti già da adulto, non ci mise nulla ad apprendere le regole della nuova lingua, non dell’inglese, che imparò a malapena, ma del broken-english! Anche lui, come molti degli italiani, degli italo-americani s’intende, guardava solo la RAI INTERNATIONAL, lavorava con gli altri paesans (così si chiamano gli italiani tra di loro qui in America), e si riuniva con loro nei circoli.
Una frase che diceva mio suocero non potrò mai dimenticarla, anche perché per diverso tempo mi sono interrogata sul suo significato prima di comprenderla:
“Ogni primo mercoledì del mese c’è lo mitinghe a lo clobbo“. Immagino voi abbiate capito al volo, vero? Per me è stato un vero e proprio rebus, invece! Poi analizzandola e avendo saputo dove andava, ho finalmente trovato il significato: in inglese “incontro”, “riunione”, si dice meeting, che italianizzato diventa mitinghe, appunto. Clobbo invece è la parola italianizzata di club, dunque società, circolo.
Altre parole del broken-english che mi vengono in mente sono:
checca – da cake e dunque “torta”;
cecca – da check e quindi “assegno”;
trocca – da truck e dunque “camion”, “furgone”;
beccouse – da back-house ha il significato di bagno, perché anni fa la toilette si trovava dietro casa;
fensa – da fence e quindi “recinto, recinsione”.
Tante, tantissime parole curiose, molte delle quali non mi vengono neanche in mente, essendomi abituata ad ascoltarle. Ovviamente ho fatto prima io ad avvicinarmi a questo linguaggio tutto particolare che non i miei suoceri. Se ad esempio dico assegno anziché cecca, mia suocera non ha idea di cosa stia parlando. Quindi alla fine ho dovuto piegarmi io a questo buffo, peculiare linguaggio, a impararlo, a conviverci. Ci sono tanti modi di dire, che mi piacerebbe raccontare in questa rubrica, se vi piace, se interessa voi, tanto quanto incuriosisce me. Mi piacerebbe anche portarvi in molti posti tipici italiani, che ho visto e frequentato diverse volte qui in America. Tuttavia, non sono mai stata alla società alla quale apparteneva mio suocero, ma ne ho sentito tanto parlare. La Roman Hall, questo era il suo nome, non si trova più dov’era un tempo (al suo posto c’è ora un locale spagnolo) e molti dei suoi membri non ci sono più. Era romana, come me. Tutto è un caso o tutto torna? Non lo so, ma ogni cosa ha un valore, se glielo diamo. Pure il Broken-English.
Ale che bello questo post! Fanne tanti altri! Mi affascina molto la cultura degli italiani in America… E tu sei bravissima a raccontarla
Ciao Valeria, grazie! Sono davvero contenta che ti sia piaciuto! Ho tante idee per questa rubrica, è un argomento al quale penso da tanto tempo. Grazie del sostegno. Baci!
Anche a me interessa molto l’argomento italiani in america. Fra i molti libri letti qurllo che mi ha coinvolto di piu è VITA di Melania G.Mazzucco.
Se fai altri articoli così io li seguirò di dicuro perché sono molto curiosa.
Il mio ex compagno era amico di Moreno Fruzzetti un pisano cantante italiano che ha sposato un’italoamericana e abita proprio nel NJ. Spesso tramite fb seguo lui e la sua numerosa famiglia americana.
Poi conosco tante signore che hanno sposato un militare americano ed ora vivono in diversi stati degli usa.Vicino a casa mia c’è una base americana CAMP DARBY
Al confine fra la provincia di Livorno e di Pisa.
Anche tu hai tanto da raccontare! L’idea è appunto quella di raccontare la comunità italo-americana attraverso la lingua, i luoghi, le storie, il cibo, le feste, le curiosità, le interviste. Sono contenta se mi seguirai! Grazie
Articolo favoloso! Sono interessatissima, spero tanto che tu scriva ulteriori articoli sul broken English.
Grazie di cuore! Le tue parole mi fanno felice! È un argomento che mi piace molto e vorrei continuare a raccontare in questa rubrica. Spero che la seguirai!
Bellissimo articolo. Raccontato benissimo. ❤
Anche qui in Australia ogni tanto mi faccio due risate (tra me e me) quando sento vecchi italiani… la mia dolce vicina Alfia di 89 anni, ad esempio, quando mi parla della farma dei nani che c’era qui… i nani facevano i potti. 😆
…farma = cascina, nani = suore, potti =vasi
Paese che vai, broken-English che trovi! Divertente! Mi sono venute in mente altre parole, me le segno tutte per la prossima volta! Grazie Celina
Mi sono permesso di pubblicare l’articolo sul giornale telematico internazionale IL CORRIERE NAZIONALE
al link Permalink: http://www.corrierenazionale.net/2017/03/10/che-cose-il-broken-english/
La invito a visitare il nostro giornale. Altri articoli di interesse troveranno sempre spazio sul nostro giornale con riportando la fonte
Buona giornaa
Dr.Antonio Peragine
direttore@corrierenazionale.net.
Grazie della condivisione
Ho avuto a che fare con questa vera e propria lingua che pensavo fosse solo un’ invenzione del cinema. Pochi anni fa ho avuto il piacere di conoscere la Signora Nancy, veniva in Italia in estate, e a Terni, con Joseph, nel negozio di mobili dove lavoravo… se fosse lei quella che mi sembra di riconoscere nella foto, le mando i miei affettuosi saluti😊
Ciao Michele, è proprio lei! Glielo riferirò e so già che ne sarà molto felice! Non lavori più in quel negozio?
Non immagini che piacere mi faccia! Me la ricordo per questo originale modo di parlare due lingue in una, per le belle storie della sua vita che aveva da raccontare, per la invidiabile serenità che trasmetteva, se la ricorda pure mio figlio senza averla mai vista, per i miei racconti e per una splendida scatola di cioccolatini che mi regalò…
Ora lavoro poco più in là, in un punto vendita Orsolini, nel tentativo di migliorare, anziché abbrutirmi…Grazie davvero, non riesco a smettere di sorridere, un grande bacio a Nancy.
Non immagini che piacere mi faccia! Me la ricordo per questo originale modo di parlare due lingue in una, per le belle storie della sua vita che aveva da raccontare, per la invidiabile serenità che trasmetteva, se la ricorda pure mio figlio senza averla mai vista, per i miei racconti e per una splendida scatola di cioccolatini che mi regalò…
Ora lavoro poco più in là, in un punto vendita Orsolini, nel tentativo di migliorare, anziché abbrutirmi…Grazie davvero, non riesco a smettere di sorridere, un grande bacio a Nancy.